«È inutile a dire!» …dovreste andare a vederlo!

Ritorna a Cagliari l’istrionica nuova coppia della commedia formata da Jacopo Cullin e Gabriele Cossu con uno spettacolo sold out in ogni data.

Nato per l’occasione del tour iniziato 4 anni fa, ma consolidato da un’amicizia ventennale, il duo comico con il loro “È inutile a dire” ha doppiato l’appuntamento nel capoluogo isolano (6 e 7 maggio) per il numero incredibile di richieste certificate dal tutto esaurito in ogni data e dalla vendita quasi istantanea dei biglietti nelle varie piattaforme online. Lo spettacolo dei record che dal 2019 gira in lungo e in largo la Sardegna, ha da poco varcato i confini sardi approdando nella Capitale e il mese prossimo, tra 2 settimane, sarà all’ombra della Madunina.

Per la seconda data del Teatro Lirico, abbiamo avvicinato i protagonisti.

Roberto : Ho visto nella tua pagina Facebook (Jacopo) che siete andati all’Ambra Jovinelli a Roma e avete fatto successone anche lì. Poi il prossimo appuntamento continentale sarà…

Jacopo: A Milano il 9 giugno al teatro Manzoni

R: Com’è nata l’idea di andare a provare anche fuori? C’era già una sorta di richiesta, cioè come avete capito che si poteva fare?

J: Guarda in realtà cerchiamo sempre di alzare un po’ l’asticella, l’estate scorsa abbiamo fatto tanti spettacoli in giro per la Sardegna e c’erano tanti turisti che comunque a fine spettacolo si avvicinavano, ci facevano un sacco di complimenti e ci dicevano “guarda a parte due o tre cose che non siamo riusciti a capire perché erano in sardo, però per il resto era bellissimo. Abbiamo riso un sacco”, quindi abbiamo detto magari correggendo qualcosina si può provare ad andare fuori dalla Sardegna, provare a portarlo fuori perché evidentemente lo spettacolo vale. E allora abbiamo detto proviamo a Roma e a Milano, dove ci sono comunque anche dei sardi dove quindi un piccolo zoccolo duro c’è l’abbiamo. E poi dopo vediamo come reagiscono gli altri e così è stato fondamentalmente.

R: Questo potrebbe essere il quarto anno di questo spettacolo.

Gabriele: Beh, si beh, togliendo la pandemia

J: Ok, è iniziato nel 2019, si si.

R: Quindi appurato che i parenti li avete già invitati tutti (ridono), a cosa è dovuto secondo voi questo successo, perché è innegabile che state avendo dei numeri che sono un bel riscontro.

J: Penso che almeno per il 90% delle persone che vengono qua, sia per la bellezza di Gabriele.

G: Fai anche 95

J: 95, mi sono tenuto basso (risate)

G: Io ho una stima enorme nei confronti di Jacopo (ride) come artista, non come uomo ma come artista (ride), a parte gli scherzi ho veramente tanta stima di Jacopo e vedo quanto piace, quanto piace il suo modo di fare cabaret. Però, a oggi trovo veramente che sono dei numeri incredibili, cioè a oggi riempire di nuovo il teatro Lirico, due giorni consecutivi, adesso non so quale replica sia qui a Cagliari.

J: A Cagliari la quindicesima

G: E oltretutto quest’estate alla piazza Amedeo Nazzari che ha un numero di posti anche lì non basso e secondo me molti hanno visto anche più di due volte.

R: Io stesso ho avuto difficoltà a trovare i biglietti. Quello che noto è che negli spezzoni che ho visto dello spettacolo, c’è una grossa alchimia tra di voi. Ho visto un pezzettino dove avete un problema su una battuta che a quanto pare lui (Gabriele)…

J: Lui non sapeva (ride)

R: È stato fantastico

G: Ma lui poteva aiutarmi benissimo, solo che non mi ha voluto dire (ridono)

J: (ride) Per metterlo un po’ in difficoltà. Ma alla fine ci divertiamo. Alcune persone che sono venute a Roma a vedere lo spettacolo che quindi non sapevano minimamente che cosa facessi, mi hanno detto “si vede che vi divertite e questa è la cosa più bella, cioè si vede proprio che vi divertite” e quindi probabilmente si crea un rapporto immediato col pubblico e questa cosa piace. C’è un gran bisogno di ridere, quindi, oggi (7 maggio) tra l’altro è la Giornata mondiale della risata.

G: Io voglio un’altra cosa per tornare sull’argomento di prima. Secondo me c’è anche una sbagliata percezione da parte del pubblico, perché i primi due personaggi, fondamentalmente sono 3 personaggi su cui si basa lo spettacolo a parte il monologo iniziale, ma nei primi due personaggi praticamente sardo non ce n’è, cioè i primi due personaggi, salvo forse qualche sfumatura, certo sono poi personaggi sardi, però sardo non ce n’è. Molti a me chiedono “Ma come fate allora? Ma vi capiscono?” È quasi tutto italiano. Poi è chiaro che abbiamo per esempio il termine zirogna, è chiaro che ha dovuto spiegarlo, ma quello anche a molti sardi.

R: E anche a molti carlofortini (me compreso)

J: Esatto, esatto (ride) No, vabbè, poi anche se si perde qualche sfumatura va anche bene, proprio perché è una cosa nuova. Noi ormai siamo abituati ad esempio al napoletano no? Che dice accattatevill no? Mo lo sai cosa vuol dire, cioè in qualche modo devi pure insegnarla la lingua, quindi esportiamola.

R: Ho fatto una similitudine tra quello che è stato il tuo (Jacopo) percorso artistico e la tua vita e mi son chiesto se a grandi linee, partendo dal signor Tonino, passando da Matzutzi, poi a Kevin Pirelli, sino a poi arrivare anche a Lolita Lo Bosco (Lello Esposito) questo percorso sembra un po’ rispecchiare quello che hai scritto nella biografia. Nel senso mi sembrava che all’inizio ci fosse questo periodo di disincanto col signor Tonino, dove serviva qualcosa anche per farti vedere, per far ridere, anche  qualcosa che ti faceva stare bene, poi con Matzutzi (personaggio del film “L’Arbitro”) c’è una sorta magari di rivalsa, avevo ascoltato un’intervista dove dicevi che avevi voluto fortemente fare quel ruolo che non era stato assegnato a te giusto?

J: Sì, sì, sì.

R: E quindi mi sono detto, non è che magari questo percorso che hai fatto con la tua carriera artistica rispecchia la tua vita o viceversa è la tua vita che poi ti ha portato a fare questi personaggi?

J: Ma penso che è stato tutto naturale, cioè son passato attraverso questi personaggi ma mi sono in qualche modo capitati perché io credo molto anche in qualche modo nel destino, quindi capitati nel momento giusto e ogni personaggio è nell’età giusta e però non c’è niente di mio, penso ci sia qualcosa di superiore che ti guidi in qualche modo che ti dia una linea. Ognuno di noi, sono convinto che ognuno di noi sia qua per un motivo, evidentemente il mio è quello di far ridere e quindi in tutti questi personaggi qui sicuramente il fil rouge è quello della commedia, sono tutti personaggi divertenti.

R: Avete come filo comune immagino l’amicizia?

J e G: Insomma (ridono)

R: Ok allora questa la cancello (ridono)

G:Tutto nasce dal fatto che gli ho rubato 4 o 5 fidanzate, anche perché fisicamente siamo molto simili

J: Ci confondiamo, ci confondiamo.

R: Volevo capire, venite da LaPola e credo sia quello che vi accomuni come percorso, è nata lì l’amicizia o vi conoscevate già?

J: No, ci conoscevamo da prima noi, in realtà ci siamo conosciuti perché io, facendo un concorso per cabarettisti emergenti quando avevo 21 anni, mi sono trovato davanti questo signore (Gabriele) che era in giuria, pensa a te, com’è strano il mondo, cioè lui doveva giudicare me, capito? (Gabriele ride)

R: E com’è scarsa la giuria

J: Giuria scarsissima (Gabriele ride) Però devo dire, lui ha fatto un gesto che è molto raro, cioè andare da un collega, anche se novellino, avevo 21 anni non avevo ancora iniziato e mi ha chiesto di fare gli spettacoli con lui, quindi posso dire che lui è stata la prima persona che mi ha dato la possibilità di esibirmi su un palco.

G: Gli altri che si erano avvicinati erano avvoltoi (ride)

J: È vero, è vero, lui l’ha fatto in maniera molto molto…

G: C’era un piccione e tanti avvoltoi (ride) e lui ha scelto il piccione

J: E io ho scelto il piccione (ride) e me lo sto ancora portando appresso (ridono)

R: Invece per te (Gabriele) c’è, per quanto riguarda LaPola, c’è questo lungo percorso con Chicca (Zara dei Cossu e Zara), adesso è una pausa o uno fa quello che…

G: No, no continuiamo a lavorare insieme anche con Chicca ma anche da soli. Cioè io e Chicca già prima di conoscere LaPola avevamo un nostro spettacolo, in una di queste stagioni avevamo coinvolto Jacopo, c’eravamo divertiti tantissimo e lì effettivamente è nata l’amicizia, perché adesso, a parte gli scherzi, siamo amici da allora e con Chicca lavoriamo sempre anche da soli, abbiamo il nostro spettacolo, poi ci capita di collaborare anche con i LaPola, ma ognuno singolarmente poi è anche abbastanza libero di fare la proprie esperienze, poi in questo caso assolutamente, appunto perché ci conosciamo da tanto lei è molto contenta che io…

J: (ride) Che faccia qualcosa con altri, cioè tipo la moglie che fa uscire di casa il marito

G: (ride) Esatto cioè la conosco 28 anni, cioè è lei che mi dice “vai” (ride)

R: Quello che mi incuriosisce di un comico è che tipo di lui so che ha attinto per fare signor Tonino da un personaggio realmente esistito, quindi per te vale la stessa cosa?

G: Per me un po’ meno perché sono molto meno osservatore di lui, ho lo spirito di osservazione più basso.

J: Diciamo diverso

G: Io spesso ho impersonato personaggi dello spettacolo, capito? Cioè, non so cantanti, animatori e attori, paradossali quasi tutti, però qualche volta anche a me è capitato, perlomeno alcuni aspetti di persone reali anche per esempio solo la voce, per esempio la voce del mio professore di disegno. Io ho cominciato a imitare i professori a scuola, ma non è che come imitatore sia fortissimo, però facevo ridere.

R: Quindi la scintilla è stata resa lì vedendo che c’era un feedback

G: Sì, però io no, lui sicuramente attinge di più dalla realtà, da personaggi veri, io molto meno, però anche a me capita, però almeno in parte.

J: Allora la prossima domanda falla a me perché lui ci mette troppo e c’abbiamo lo spettacolo da fare.

R: Ok allora facciamo l’ultima.

J: Non farla a lui falla a me (ride)

R: Allora faccio questa: 41 anni da poco (Jacopo), i prossimi quarant’anni cosa saranno ancora con lui (Gabriele)?

G: (ride)

J: Eh, 40 mi sa di no e (ride) così a naso forse 40 no, (ride) però dai almeno 20 sì, almeno 20 si.

G: Cazzo no 40

J: Noooo, non sul palco.

G: No perché mio nonno è morto a 99.

J: Si ma io non posso rompermi i coglioni con te sino a 100 anni

G: Mia mamma ne ha (ride)

J: Già gli faccio da badante adesso che ne ha 60 anni, figurarì a 80

G: Mia mamma ne ha 93, mia nonna è morta a 94

J: Basta non gliene frega niente, si continueremo, continueremo, finchè non mi stancherò, continueremo

G: Finchè morte non ci separi (ride)

J: Finché morte sua non ci separi (ridono).

R: Va beh, anche nella logica.

J: Allora la normalità della vita, il circolo della, il cerchio della vita (ride)

R: Concludiamo così, grazie, siete stati gentilissimi, buona serata.

Lo spettacolo scivola via nell’arco di 2 ore con un monologo iniziale del solo padrone di casa Jacopo Cullin. Spettacolo fatto di 3 atti/parti intervallati dal trio composto da Andrea Lai al contrabbasso, Riccardo Sanna alla fisarmonica e Matteo Gallus al violino, dove Jacopo interpreta altrettanti personaggi differenti con il fil rouge di Gabriele Cossu che impersonando lo stesso soggetto, accompagna l’amico in un percorso, certamente comico, con dei risvolti profondi, addirittura agrodolci. La presenza scenica di entrambi gli attori è palese ed è pregnante anche nei silenzi, nei sospiri, lo spettatore viene idealmente preso per mano e portato vicino a loro, lì nel palco, come se si stesse ad ascoltare dei vecchi amici con i quali, come diceva un altro gigante della comicità Lino Banfi, “una parola è troppo e due sono poche”, perché ci si capisce, perché si condivide, perché la risata quando arriva è fatta anche e spesso solo di smorfie (Chaplin ci ha costruito una carriera) ma quando arrivano le parole, non sono mai triviali. Sicuramente alcune “gagge” come si dice da queste parti e come è nella scelta stilistica dei personaggi di Jacopo, ma mai offensive, certamente divertenti, con tratti di tenerezza verso dei personaggi che sono volutamente caricaturali ma ai quali poi si vuole bene per la genuinità che trasmettono per merito di Cullin che con più di metà vita passata ad assorbire e dare emozioni, sa come farli e come entrare in empatia con gli spettatori. Le parole del personaggio di Gabriele invece risultano armoniose, quasi paterne, a volte un monito a volte una carezza all’anima e Cossu ha la tutta la maestria del tempo passato sopra quelle assi polverose, da non farle sembrare scritte e buttate a memoria, ma scaturite  direttamente dal cuore. Uno spettacolo che una famiglia può far vedere ai propri figli, anzi credo che dovrebbe, tanta è la professionalità nella cura anche dei più piccoli dettagli e tante sono le emozioni che si mettono in campo, sia per loro che per noi seduti su quelle poltroncine. E poi è la grande messa in scena di una amicizia che dura da anni, segnata da grandi risate, mai intaccata da invidie e gelosie, e che nulla ha potuto nemmeno lo scorrere del tempo, ma anzi è un rapporto che sa parlare al tempo per affrontarlo e imprigionarlo in questi attimi sessagesimali per il tempo stesso che la memoria vorrà conservare e rimandare ai posteri come una bella storia da raccontare.

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